Nuovi traguardi per l’Italia del malaffare Eppure non è vero che la corruzione sia un destino inevitabile, inflittoci dalla nostra storia. Lo dimostra perfino Singapore, passato in quarant’anni da uno dei Paesi più corrotti al mondo, a un piazzamento, nell’indice di Transparency International, a pari merito con le piccole democrazie nordiche europee e non casualmente, dalla povertà ad un reddito pro capite superiore a 43.000 dollari.
Ma per conseguire obiettivi analoghi non serve uno stato autoritario, ci vorrebbero un governo e un ceto politico autorevole che facesse della lotta alla corruzione un obiettivo prioritario, condiviso dall’intera élite politica e istituzionale, coordinando i controlli di natura non giudiziaria a carico di un’autorità dotata di ampi mezzi e grandi poteri, responsabile di fronte alle supreme autorità politiche per i risultati che consegue. E poi, quando la magistratura intervenisse, il governo e le istituzioni non dovrebbero opporsi alla sua attività di indagine: ma proprio oggi questa istanza appartiene più che ami al regno dell’utopia.
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